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Il panino di Pat Metheny

Aggiornamento: 26 ago 2021


Ecco come è capitato che lavorassi insieme ad uno dei chitarristi più famosi al mondo, con quel suo stile che spazia tra lirismo, tecnica sopraffina, trucchetti cromatici di diteggiatura e capacità di comunicare emozioni anche al profano.

Ha un sound tutto suo, riconoscibile da chiunque, in bilico tra il classico suono della chitarra jazz ed elementi di tecnologia avanzata.


Conosco il suo lavoro fin dal primo disco Bright size life, con Jaco Pastorius e Bob Moses, e sentirlo dal vivo è stato fenomenale! Dopo tre ore di concerto si ha ancora voglia di ascoltarlo, e confesso che dopo circa un’oretta comincio a stancarmi con chiunque, a parte Miles…


Quando mi viene chiesto se volessi partecipare ad una tre giorni con Pat nel teatro Alighieri di Ravenna per curargli i suoni di palco dico subito di sì.

Passare tre giorni con un artista che ammiro è fantastico.

Soprattutto c’è sempre qualcosa da imparare…


L’evento è intitolato “Pat Metheny Artist in residence plus Special Guests” e si svolge il 21 - 22 - 23 luglio 2003. Ecco una cronistoria a firma di Vittorio Po.

Io mi limiterò a qualche retroscena e alle mie impressioni.


Arrivo in teatro nella tarda mattinata, l’allestimento è già in stato avanzato e io comincio ad organizzare il mio lavoro. Pat è nel ridotto del teatro per tenere un seminario, ma già verso le 13:00 è con noi in teatro che si gode lo scenario.

Circola voce che abbia guidato tutta la notte per arrivare fin qui dalla Francia…

Imparerò che è un fanatico stakanovista appassionato del suo lavoro e che ama la musica più di ogni altra cosa. Ha sempre una chitarra in mano ma non capirò mai perché si veste con una maglia da gondoliere.

Si capisce che gli piace stare in trincea, seguire l’allestimento in tutte le sue fasi e respirare l’ambiente musicale.


Lui è sempre molto disponibile e sorridente, non come altri artisti di chiara fama ormai milionari, che arrivano all’ultimo momento pensando ad altro senza voglia di fare il sound check. Pat invece no, è milionario pure lui, ma la sua passione e dedizione è ancora quella di un ragazzo agli inizi. Gli puoi chiedere Pat, ho bisogno che mi provi ancora la chitarra acustica, e lui suona, suona e suona ancora, finchè non è tutto a posto. E poi ancora Pat, ho bisogno che mi provi questo o quello e lui va.

Per carità la cosa è molto professionale americana ma lui è davvero una mosca bianca in questo.

Non ho mai incontrato nessuno così.


Mi ha detto che prima di andare a letto suona sempre per una ventina di minuti, per poi andare a dormire con le mani “calde”. Ecco forse perché non cicca mai una nota!

Fa pratica incessantemente.

Usa plettri morbidissimi, sempre nuovi, e ogni volta a fine serata ce ne saranno una trentina per terra. Una sera ne ho raccolti un po’, per poi regalarli ai miei allievi.


Si porta dietro una attrezzatura grandiosa, non certo da jazzista ma direi più da rockstar.

Ha un sacco di chitarre, curate da una ragazza che le tratta come figli.

L’ho sentita sgridare forte Pat perché aveva maltrattato un po’ una chitarra, poggiandola con troppa disinvoltura. Tu non puoi rovinare il mio lavoro! Cattivissima.

Lei è li dietro nel retropalco con il suo banco di lavoro, un gigantesco fly case che si apre e diventa un laboratorio; continua a cambiare corde, accordare e lucidare le chitarre. Le tiene alla perfezione. Poi sa sempre quale chitarra serve in quale brano, e in ogni momento lui può tendere una mano e magicamente lei gli passa quella giusta, magari strisciando tra le casse.


A proposito di casse, Pat ne usa una quantità incredibile!

Per ogni chitarra ha un sistema diverso e a Ravenna era contornato da almeno dieci speakers. Ha un armadio rack accanto a lui che contiene, tra le altre cose, il pre Digitech GSP 2101e due finali Crest da 800 watt l’uno, che in totale sono 1600 watt per la chitarra jazz Ibanez! E mica suona piano, come i chitarristi jazz. Macchè!

Poi quando suona la Roland Guitar Synt il volume sul palco è spaventoso!


Dietro il palco ci sono altri armadi rack zeppi di attrezzature, un set complicatissimo con processori di segnale per ogni strumento che suona: chitarra classica, acustica, tenor guitar, la mitica Picasso ed è solito registrare ogni cosa che fa, ma non ci sono problemi per gestire tutto, che con lui c’è sempre il fido sound engineer David Oakes, che mi ha pure insegnato un paio di trucchetti.


Nelle prove pomeridiane per i concerti serali Pat Metheny ha dimostrato una volta di più di essere un perfezionista, uno che riguarda tutto finché non funziona secondo la sua ottica.


Nel secondo giorno Han Bennick, il folle batterista olandese, ha dovuto aspettare un po’ troppo visto il protrarsi della prova precedente, perciò si è incazzato con Pat e se n’è andato via senza provare rovesciando la pila di asciugamani che tiene accanto alla batteria. Quando suona li mette e li toglie sulle pelli a scopo di cambio di timbro.

Un quadretto stupefacente!

Alla sera poi si è scatenato suonando tutto quello che c’era li intorno, lasciando un porcaio di disordine in tutto il palco. Gli asciugamani erano dappertutto. Veramente un tipo incredibile! D’altronde, cosa aspettarsi da uno che suona la batteria con gli anfibi?


Pat è leader carismatico nato, giganteggia su tutti ma la sorpresa è stata il suo rapporto con Enrico Rava, il grande trombettista con il quale ha suonato l'ultima sera. Sembrava addirittura soggiogato dalla sua personalità!

Sarà perché hanno suonato tutte composizioni dell’italiano ma mi ha fatto un effetto strano. Era Rava che teneva le briglie! Che personalità.

Comunque Pat ha fatto dei soli meravigliosi su quei brani, che poi suonava per la prima volta. Un paio di volte Stefano Bollani ha smesso di suonare il piano per mettersi ad ascoltarlo scuotendo la testa meravigliato.


Nel secondo giorno, dopo il seminario mattutino, visto che c’era tempo più che a sufficienza, si decide di fare tutti una bella pausa.

C’è chi va a mangiare in trattoria, chi in albergo per poi fare una pennichella. Io invece vado a mangiare con un amico in un posticino, facendo prima una bella passeggiata.

Dopopranzo torniamo verso il teatro, siamo un po’ in anticipo e visto che l'ingresso principale è chiuso, per entrare passiamo dal retro dove c’è l’ingresso degli artisti e del personale.

Nel vicolo accanto, vediamo da lontano un tipo seduto per terra che si sta mangiando un panino e contemporaneamente suona la chitarra che tiene a tracolla.

Guarda quello li seduto per terra, forse sta chiedendo l’elemosina ma non capisce che l’orario è sbagliato. C’è poca gente in giro!

Mentre ci avviciniamo, ad un certo punto scatta la meraviglia, è Pat!

Siamo stupefatti. Noi a mangiare comodi comodi, lui invece è rimasto nelle vicinanze del teatro a studiare, si è comprato qualcosina da mettere sotto i denti ed è ancora lì a fare scale su scale seduto per terra nel vicolo…

È ricchissimo, famosissimo, contesissimo, potrebbe vivere di rendita ma no! Nemmeno un ragazzino agli esordi ha tanta fame di musica.

Mai vista una cosa del genere, nemmeno dal più fissato dei musicisti che conosco!



Riccardo Marongiu©

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