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Musica Dentro cap.4


Il progetto riscuote consenso generale e via… si parte.


Ed eccoci qua. Ora ci siamo, insomma… siamo “dentro”, proprio fisicamente.

Ci presentiamo ai ragazzi, che sono di provenienza variegata. E lo si capisce bene dai loro nomi (ovviamente i cognomi non possiamo citarli).


Abbiamo quindi tra gli uomini:

Josif, Nertil, Gabriele, Mounir, Alberto, Nicolae, Roberto.


E tra le donne:

Violeta, Alexandra, Simona, Magali, Kendal, Margarita.


Davvero una rappresentanza da tutto il mondo in quel campione di umanità: Europa dell’Est, America Latina, Nord Africa, Medio Oriente e naturalmente l’Italia.

Cosa avevano fatto per essere lì non lo sapevamo, e neanche volevamo saperlo, a noi interessava solo fare musica senza preconcetti. Meno sapevamo e meglio era, così avremmo potuto dialogare e lavorare con tutti senza schemi mentali. Solo il fare musica contava, evitando il più possibile di parlare delle vite private, le loro e le nostre. Siamo ben consci del fatto che la maggior parte degli ospiti possono e devono essere recuperati, poi c’è anche chi ha ammazzato la moglie o il marito e magari, ma su questo argomento possiamo anche capirli…


Prima di partire con il laboratorio vero e proprio, abbiamo avuto un incontro preliminare con gli ospiti della Casa, giusto per capire il livello e la musicalità, insomma della serie un po’ di talento o ce l’hai o non ce l’hai, come un dono ricevuto dagli dei. Susanna ed io però avevamo pensato di non escludere nessuno per ragioni che è facile comprendere.

Ma ritorniamo al momento in cui stiamo per entrare nel teatrino.


Già da lontano mentre ci stavamo avvicinando una orrenda cacofonia si preannunciava: voci concitate e amplificate tentavano di rappare, una batteria suonata sbattendo a caso giusto per fare casino, suoni di tastiera non si sa come e cosa. Ognuno faceva mondo a sé, da chi infilava nenie in lingue a noi sconosciute a chi cercava di fare per Elisa sulla tastiera. Per non parlare della violenza subita dai bonghetti e dai tamburi della batteria.

Nessuno cercava minimamente di coordinarsi con gli altri, di costruire qualcosa insieme… è noto a tutti che la musica non funziona così, la musica è attività di condivisione e comunione di intenti e di fatto, se non siamo uniti e precisi non c’è musica, semplicemente.


Sul palco facevano bella mostra le attrezzature in dotazione alla Casa Circondariale. tirate fuori per l’occasione: impianto audio formato da due casse e mixer, un paio di microfoni con aste scassate, tre vecchie chitarre classiche, un basso niente male con amplificatore e una tastiera con quattro suoni in croce e per finire un paio di bonghetti.

La manutenzione degli strumenti era scarsa, le corde delle chitarre erano vecchie e non suonavano più, una corda del basso era rotta, e mancavano ciabatte e prolunghe di corrente.

Ma non era un problema impellente, che c’era ben altro…



Riccardo Marongiu©

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